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poésie - Page 3

  • Coudoux : le chapitre est écrit

     

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    Un 4 juillet à plusieurs visages: à Monaco, ce sont les premiers coups de pédales du Tour de France cycliste. En Suisse, on apprend la mort du président mécène de l’Olympique de Marseille, Robert Louis-Dreyfus. Les Etats-Unis d’Amérique célèbrent l’Independence Day…C’est ce jour-là que le Scriptorium a tenu Chapitre, à Coudoux, entre cris de cigales, bouffées d’air chaud et jazz nougaresque, en hommage aux cinq ans de la disparition du chanteur.

     

    Temps studieux de la matinée propice à la mémoire des années passées, à l’évocation des instants intenses ou précaires, à la qualification des projets en cours, au rassemblement des énergies, en prévision d’une saison prometteuse. Puis ce fut l’heure du gâteau des dix ans où le souffle commun des poètes fut gentiment mis à l’épreuve.

    Ralentir-travaux.jpgL’intervalle, cette formule spécifique des réunions intra-muros des scripteurs, qui avait été baptisé « ralentir, travaux » fut l’occasion de croiser lectures et écoutes. « Ralentir, travaux », en clin d’œil à l’exercice commun pratiqué par le trio Char, Eluard, Breton en leurs jeunes années ; « Ralentir, travaux » pour signifier aussi le tempo revendiqué par le Scriptorium, dans son aventure de sémaphore fantasque, alternant fulgurances et retraits, surgissements et décélérations…

     

    C’est encore en « Poèmes pour garder le tempo » que fut donné le ton jazzy de la soirée.

    Dans le superbe parc du château de Garidel, dévolu aux Estivales, ce temps fort de la vie culturelle de la Commune, le Scriptorium fut invité à proposer ses voix de poésie, en solo ou en chorus, entre timbres de l'ensemble Nougarue et accents d’opérette. Il faut saluer ce beau geste de confiance, préparé de longue date par notre hôtesse coudoucenne, Geneviève Bertrand qui partagea avec les autres poètes (Jeannine Anziani, Béatrice Machet, Patrick Druinot, André Ughetto, Dominique Sorrente ) parole solo et morceaux en chorus. Si la concurrence des cigales fut parfois déloyale, les crapauds limitèrent leurs démonstrations expansives, et les vénérables platanes se joignirent au public pour les applaudissements de rigueur.

     

    Le Chapitre à trois temps pouvait se clore sur cette nuit de bel été, ouverte à tous les poèmes.

     

    Rendez-vous le samedi 5 septembre à Port-Frioul pour la rentrée.

     

     

     

     

  • Le mura dei poeti II - Stanze per un incontro

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    Non c’è più tempo amici per le cose

     

     

    Per andré, angèle, dominique, elena, yves, olivier, valerie

                                                                             dopo il terremoto

     

     

     

    I

     

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Fino a quando abbiamo il tempo d’incontrarci

    Il tempo è dalla nostra parte per una sera.

     

    Ma quando siete venuti qui da lontano ancora

    Il lontano ha smesso di essere minaccia vera.

     

    Si è fatto calca attorno al tavolo quadrato.

     

    Dove le parole scorrono in contraddizione.

     

    Alla fine ciascuno di noi sceglie la versione

    Che più somiglia al destino che non ha scelto.

     

    L’ha avuta in sorte dal padre e dalla madre.

     

     

     

     

    II

     

     Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Venite da lontano da una terra dove i papi

    Sono migranti. Ed i poeti sono uccisi perché

    Confessano parole che sono soltanto sussurri.

     

    Negli orizzonti limitati da valli di fieno e di lavanda.

     

    Simulando gli universi. Invece sono le cornici

    Di monti più bassi delle Alpi piene di neve.

     

    Siete venuti qui. E per essere arrivati disegnate

    Sula carta geografica l’omega immenso della fine.

     

    Solo della mia. Sono l’amico della fossa comune.

     

     

     

     

    III

      

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    L’ho capito da un colpo di tosse più profondo.

     

    Da un cedimento del costato per un colpo di tosse

    più aggressivo. Vi sedete per l’ultima traduzione.

     

    Siete gli apostoli attorno al corpo dell’Amato.

     

    Scegliete le parole per capirci o per non capirci.

     

    Ma il vento entra dalla Cattedrale senza porte

    Né finestre. Pile di vocabolari. Scatole di biscotti.

     

    Hanno parole dolci ma impervie. Sinonimi di verbi.

     

    Antonimi di fiori. Siamo fuoco e cenere del senso.

     

     

     

     

    IV

      

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Finché il saggio ha capelli bianchi bastone d’argento

    Emette la sentenza. Gli altri sono ammutoliti al fuoco

    Di parole comuni e annuiscono subito in silenzio.

     

    Siamo tutti così vicini alla stella da bruciarci le dita.

     

    Si arrampicano i versi in salita alle svolte delle strade.

     

    Nelle discese dal fondo gelato le parole si scostano

    Dal significato. Al dolce ritmo si piegano le mani.

     

    In applauso ridi forte Dominique e il gesso di bambino

    Cade da lavagna mentre scrivi la prima parola neve.

     

     

     

     

    V 

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    L’ho detto e ripetuto a Valérie. Meritava di leggere.

     

    Ha l’asfalto dentro. La parola macchina la parola strada.

     

    Guida fino qui. Porta parole da una lingua all’altra.

     

    Sembra che per un attimo sia la fidanzata di tutti noi.

     

    Speranza di volare. Di sposare due lingue. Farle

    Scivolare una sull’altra. Il vento scivola sotto la soglia.

     

    Mescola di Piero i libri le dediche i foglietti acronici.

     

    A salvare le parole. A consegnarcele immeritate.

     

    Mentre Ungaretti ci guarda nella rete a lato opposto.

     

     

     

     

    VI 

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    André decano delle ampolle a un certo punto quando

    Il senso di un poema sembra tutto chiaro. Esplode.

     

    Spariglia le carte all’improvviso. Tutto cambia gioco.

     

    Si smarrisce e solo una risata stabilisce il passo. Più

    La stessa strada. Il verso in italiano appare sfigurato.

     

    Lambisce l’impossibile. Ci dà illusione di possederlo.

     

    Spicca il salto difficile a sostenere. Si batte un record

    Ogni volta. L’apnea ci secca la gola. Magico André

    Illuminato dalla via. Le parole ti siano casa leggera.

     

     

     

     

    VII

      

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Ve lo ripeto credetemi. Mi tradurrete uno per uno.

     

    E le parole mi saranno babele di varianti. Io finalmente

    Scoppio nei coriandoli. Salto sul primo verso che passa.

     

    Faccio l’autostop. Prestatemi un pollice per il viaggio

    Che ci faccia più uniti. Sono straniero nel mio paese.

     

    Sono con voi in una lingua che ancora non comprendo.

     

    Ne capisco il cuore. Ne sento una sola sillaba senza

    Il senso della frase. Improvvisa si leva la vertigine.

     

    Angèle mi guida in terre delle femmine. Corse-are.

     

     

     

     

    VIII

     

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Anche il mio verso sotto il peso delle traduzioni

    Ha finito per cedere. Ha creato spazio. Fessura.

     

    E’ crepata la parete da scalare. Ormai il verso è solo.

     

    Si affigge oppure si tace. E finalmente come ora

    Da crisalide si spiegano le ali di bianca sorgente.

     

    Spaziarsi rompere il macigno finalmente dopo anni.

    La cornice è diventata un libro. Dove il tempo

    Degli amici è diventato progetto. Si muovono case.

     

    Il terremoto cerca parole tra macerie. Qui si sale.

     

     

     

     

    IX 

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Ogni mattino discendono Iano con la macchina.

     

    Suonano alle curve. Per essere presenti all’atelier.

     

    Quando scendono il clacson rimbomba. La curva

    Si fa irreparabile. Ma sono salvi. In disparte

    Olivier discute contrario sopra una parola rara.

     

    Nel frattempo si accumula la polvere su noi statue.

     

    Elena paziente nell’amore delle valli. Dalla Sorgue

    Sul parallelo 44 fino a Pistoia tira un filo inteso.

     

    Tende l’arco. Variante decisiva. Pietra dell’origine.

     

     

     

     

     Paolo Fabrizio Iacuzzi

     

     

     

     

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              © Ph. Dominique Sorrente

     

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  • PISTOIA : le temps du jumelage poétique II

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    Époque 2  -   Lecture à ciel ouvert  

     

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      © Ph. Olivier Bastide

     

     

     

     

     

     

    Place d'Armes et Forteresse Santa Barbara : quadrilatères approximatifs et jumeaux, dans le coin sud-est, à droite sur le plan.

    Et là, surprise (pour moi qui m’en faisais une autre image) : ce que Piero Bigongiari nommait « Piazza d’Armi » est un jardin public tout arboré, rebaptisé « Piazza della Resistenza ». Déjà pendant l’enfance de Piero, quoique dépouillée de végétation, elle ne devait plus être tout à fait un terrain de manœuvres ou de parades militaires puisque des cirques y paradaient également qui venaient planter là leurs chapiteaux, comme le donne à penser « Stazione di Pistoia », troisième poème du recueil Le Mura di Pistoia. 

    Navacchio où il est né, Pescia et Lucca, étapes de son grandissement. Pistoia : Piero a déjà onze ans quand sa famille emménage via del Vento, au centre ville, avant de s’installer, quelques années plus tard, dans un probable « logement de fonction » accordé à son père employé des chemins de fer. Les lourds convois ébranlent la maison implantée parmi les quais de la gare de marchandises. Un train un matin charriant des appels de bêtes se révèle transporter la ménagerie d’un cirque. L’enfant du poème s’imagine cerné par les tigres, un éléphant pousse sa trompe dans le ciel au-dessus des lilas à la limite du jardin : vision quelque peu surréelle, connectée avec le souvenir d’un autre cirque, hivernal, sur la Place d’Armes où nous arrivons.  

     

    Nous pénétrons dans la forteresse, sous la pluie, encore toute mêlée de soleil. Bientôt l’orage interdira de lire ailleurs que sous les abris ménagés dans le chemin de ronde. Vu d’en haut, un bel espace herbu, surveillé par un seul arbre, m’a fait penser à l’édénique prairie que filmait Pasolini au tout début de son Œdipe-Roi.

    Oui nous avons d’abord invoqué l’esprit de Piero en lisant de concert, Paolo en italien, moi en français, ce poème « Place d’Armes ». Encore retentit l’« aveugle hilarité » - que Piero avait sentie dans l’air de son temps - lorsqu’un coup de tonnerre, d’un proche et invisible héraut jupitérien, salue la fin de notre lecture.

     

    Chacun à son tour aura son moment de gloire, soulignée par les flashes du cosmique orageux. Dominique Sorrente d’abord, le pilote de notre équipée : son « Dit de neige » est relayé en italien par Paolo Iacuzzi, lui-même proposant un extrait de son Patricidio. Giacomo Trinci, discret et pertinent, fait part d’un sien poème avant de nous communiquer une belle traduction personnelle d’une page des Tragiques d’Agrippa d’Aubigné.

     

    Un peu plus loin, à l’abri d’une casemate, je présente des extraits de ma Rue de la forêt belle, puis le sonnet de Philippe Jaccottet, L’effacement soit ma façon de resplendir, dans la traduction italienne de Fabio Pusterla. Maura del Serra parle à ma suite. Son Opera del vento souligne le jeu des éléments.

    La pluie ne s’est pas arrêtée, qui nous fait gagner rapidement un préau construit sur un large rempart, puis rester, comme des stoïciens, sous le portique où nous entendrons successivement la sextine composée par Angèle Paoli, selon les règles observées chez le troubadour Arnaut Daniel, des fragments du Dopoguerra delle vertebre de Massimo Baldi (jeune poète et chercheur, travaillant sur Celan), le Matamore sous l’étoile d’Olivier Bastide (traduit par Elena Berti), puis un hommage à Char au travers d’un choix d’aphorismes. Enfin il tombe des hallebardes – c’est bien le moins que le ciel pouvait jeter sur la forteresse pour nous prouver la qualité de la bâtisse !– lorsque Martha Canfield  puis Martino Baldi déploient leur talent oratoire devant le rideau scintillant qui les éclabousse. Martino nous fait beaucoup rire avec un poème adapté de Prévert.

    Fin de la manifestation. Les nuages se dissipent en même temps que les spectateurs. Je dirai une autre fois les merveilles trop vite vues dans la demi-journée précédant notre départ.

     

     

    André Ughetto

     

     

     

     

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    Langues de souffle et vie

     

     

    Il y eut l’intensité des mots souffles de double vie

    Il y eut la table des échanges

    les repas partagés

    Il y eut bien avant

    toi et moi

    mes premiers pas dans ces rues

    le vent dans la rue bien nommée

    Il y eut un poète

    bâtisseur de remparts et de gares

    Il y eut Naples

    Il y eut Paolo

    Il y eut le bonheur d’être en

    fraternelle contrée en

    pointilleux dilemmes

    de jeux de joutes

    de mots en échos sous l’orage

    Il y eut les Pomone

    Il y eut un autre tricolore

    Il y eut Noël

    en avril

    Il y eut l’amitié

    le creuset de poèmes

    en double-dire

     

    Il y a

    toi

    et moi

    nos voix qui s’accompagnent

     

     

     

    Olivier Bastide 

       

     

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    D’un point à l’autre, les poèmes appellent sur eux l’écorce de l’orage.

     

    Un peuple de confidents s’invente la loi des haltes sans retour

    sur le chemin de ronde du moment.

     

    À ciel fermé, les briques stoïques se laissent faire,

    tandis que les mots crachés au micro tentent de reprendre la main.

     

    J’observe les derniers soubresauts du printemps,

    sa hargne pour sortir de ces murs,

    sa façon de recevoir le dialogue improbable

    que font les mots et des éclairs.

     

    À ciel ouvert,

    une solitude gorgée de vert est le récit du contrebas.

     

     

     

    Dominique Sorrente

     

     

     

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    — Poésie —

     

    Mots de passion et mots de lave dissous délavés défeuillés

                                                    tenus serrés dans les réticules de pluie

    orage de mots crépitant sous la foudre vaticinations de feu lancées

    par-delà les remparts

    — labyrinthe noyé —

    flots de feuillages noirs ondoyants de lumière fauve

     

    Je marche clapotis de pas

    — rivée à la parole autre —

    visages offerts à la lenteur de l’air

     

     

     

    — Voix —

     

    éclairs d’échos hissés de lointains intérieurs

    cheminements des mots au long de berges sans mémoire

    passé aveugle des remparts de Pistoia

    j’aborde aux temps égarés de nos voix

    stries d’éclairs de grondements tambours de pas incertains

                             feuillages noirs écumant leur colère au large

    des mots clairs

     

    la pluie volutes de notes enveloppe les rythmes

    scande le temps

    les voix phylactères ténus déroulent d’invisibles anneaux

     

    mots sous la pluie.

     

     

    Angèle Paoli

     

     

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