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  • Nous regardions du haut des rochers rouges la mer

     

    Des doigts solaires tendent une main
    à ton dernier instant surhumain :
    c'étaient les doigts qui tremblaient parmi les
    herbes agitées et les riches ombelles
    d'un haut plateau ; les uns renvoyaient
    en arrière la mer sur une rive ; les autres
    corrigeaient tout à coup une dérive.


    Tout dans un humain qui ne semble pas
    tel, perdu après le talisman
    perdu par ton regard sur les rochers
    rouges : il faisait froid ; la vague hurlait, écueil
    écumeux dans les criques qui poussaient
    toujours plus loin notre voyage :
    Anthéor était déjà un ante hoc...

     

    Maintenant il est ici, dans la violence féroce
    de la mort qui peut-être se défend,
    je pense, du tremblement liquide de la vie
    dans son seau agité.
    Tu le portais, tu le portes, près du feu :
    il est transparence, jeu du destin
    qui a perdu la partie : un seau flamboyant

     

    près de ce limpide ou déjà rauque ?
    écoulement de ce qui ne s'imagine pas parce que
    il n'a pas d'image. L'ennemi a disparu,
    même l'horizon qui fut ami
    de nos cris : ici dans l'air épais
    quelque chose s'attarde dans le foisonnement
    solitaire de l'amour avec lui-même.

     

    Piero Bigongiari, extrait de Ni terre ni mer, Orphée La Différence, 1994 
    (édition bilingue, traduit de l'italien par Antoine Fongaro) 

     

    roches rouges.JPG

     

    GUARDAVAMO DALL'ALTO DE LES ROCHERS ROUGES IL MARE


    Dita solari porgono una mano
    al tuo ultimo istante sovrumano :
    erano quelle che tramavano tra le
    erbe agitate e le felice umbelle
    d'un altipiano ;  quelle rimandavano
    indietro il mare su una riva ; queste
    correggevano a un tratto una deriva.

    Tutto dentro un umano che non sembra
    tale perduto dietro il talismano
    perduto dal tuo sguardo sulle rocce
    rosse : era freddo ; l'onda urlava, scheggio
    schiumoso nelle cale che portavano
    sempre più lontano il nostro viaggio :
    Anteor era già un ante hoc...


    Ora è qui, nell'impeto feroce
    della morte che forse si difende,
    penso, dal liquido tremare, dentro
    il suo secchio agitato, della vita.
    Lo portavi, loporti, presso il fuoco :
    è trasparenza, giuco del destino
    che ha persoil giuoco : un secchio fiammeggiante


    accanto a questo limpido, o già roco ?
    fluire di ciò che non s'immagina perchè
    non ha immagine. Scomparso il nemico,
    persino l'orizzonte che fu amico
    dei nostri gridi : qui nell'aria spessa
    qualcosa si trattiene nella ressa
    solitaria che amore ha con se stesso.

    12 febbraio  1984

    Piero BIGONGIARI, tratto da la raccolta COL DITO IN TERRA 

     


     

  • Les siècles de l'hiver

     

    Montagne aride.jpg

    source

     

     

     

    Le gris, l'agacé, le brun, le farouche

    tu craques dans la beauté fantôme du froid

    dans les marées de bouleaux, les confréries

    d'épinettes, de sapins et autres compères

    parmi les rocs occultes et parmi l'hostilité

                           

    pays chauve d'ancêtres, pays

    tu déferles sur des milles de patience à bout

    en une campagne affolée de désolement

    en des villes où ta maigreur calcine ton visage

    nous nos amours vidées de leurs meubles

    nous comme empesés d'humiliation et de mort

     

    et tu ne peux rien dans l'abondance captive

    et tu frissonnes à petit feu dans notre dos.

     


    Gaston Miron



    extrait de La vie agonique, L'homme rapaillé,

     [NRF, Poésie/Gallimard, 2007]

     

     

     

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    Voir aussi Gaston MIRON sur PIERRE DE LUNE 

     

  • Le mura dei poeti II - Stanze per un incontro

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    Non c’è più tempo amici per le cose

     

     

    Per andré, angèle, dominique, elena, yves, olivier, valerie

                                                                             dopo il terremoto

     

     

     

    I

     

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Fino a quando abbiamo il tempo d’incontrarci

    Il tempo è dalla nostra parte per una sera.

     

    Ma quando siete venuti qui da lontano ancora

    Il lontano ha smesso di essere minaccia vera.

     

    Si è fatto calca attorno al tavolo quadrato.

     

    Dove le parole scorrono in contraddizione.

     

    Alla fine ciascuno di noi sceglie la versione

    Che più somiglia al destino che non ha scelto.

     

    L’ha avuta in sorte dal padre e dalla madre.

     

     

     

     

    II

     

     Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Venite da lontano da una terra dove i papi

    Sono migranti. Ed i poeti sono uccisi perché

    Confessano parole che sono soltanto sussurri.

     

    Negli orizzonti limitati da valli di fieno e di lavanda.

     

    Simulando gli universi. Invece sono le cornici

    Di monti più bassi delle Alpi piene di neve.

     

    Siete venuti qui. E per essere arrivati disegnate

    Sula carta geografica l’omega immenso della fine.

     

    Solo della mia. Sono l’amico della fossa comune.

     

     

     

     

    III

      

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    L’ho capito da un colpo di tosse più profondo.

     

    Da un cedimento del costato per un colpo di tosse

    più aggressivo. Vi sedete per l’ultima traduzione.

     

    Siete gli apostoli attorno al corpo dell’Amato.

     

    Scegliete le parole per capirci o per non capirci.

     

    Ma il vento entra dalla Cattedrale senza porte

    Né finestre. Pile di vocabolari. Scatole di biscotti.

     

    Hanno parole dolci ma impervie. Sinonimi di verbi.

     

    Antonimi di fiori. Siamo fuoco e cenere del senso.

     

     

     

     

    IV

      

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Finché il saggio ha capelli bianchi bastone d’argento

    Emette la sentenza. Gli altri sono ammutoliti al fuoco

    Di parole comuni e annuiscono subito in silenzio.

     

    Siamo tutti così vicini alla stella da bruciarci le dita.

     

    Si arrampicano i versi in salita alle svolte delle strade.

     

    Nelle discese dal fondo gelato le parole si scostano

    Dal significato. Al dolce ritmo si piegano le mani.

     

    In applauso ridi forte Dominique e il gesso di bambino

    Cade da lavagna mentre scrivi la prima parola neve.

     

     

     

     

    V 

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    L’ho detto e ripetuto a Valérie. Meritava di leggere.

     

    Ha l’asfalto dentro. La parola macchina la parola strada.

     

    Guida fino qui. Porta parole da una lingua all’altra.

     

    Sembra che per un attimo sia la fidanzata di tutti noi.

     

    Speranza di volare. Di sposare due lingue. Farle

    Scivolare una sull’altra. Il vento scivola sotto la soglia.

     

    Mescola di Piero i libri le dediche i foglietti acronici.

     

    A salvare le parole. A consegnarcele immeritate.

     

    Mentre Ungaretti ci guarda nella rete a lato opposto.

     

     

     

     

    VI 

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    André decano delle ampolle a un certo punto quando

    Il senso di un poema sembra tutto chiaro. Esplode.

     

    Spariglia le carte all’improvviso. Tutto cambia gioco.

     

    Si smarrisce e solo una risata stabilisce il passo. Più

    La stessa strada. Il verso in italiano appare sfigurato.

     

    Lambisce l’impossibile. Ci dà illusione di possederlo.

     

    Spicca il salto difficile a sostenere. Si batte un record

    Ogni volta. L’apnea ci secca la gola. Magico André

    Illuminato dalla via. Le parole ti siano casa leggera.

     

     

     

     

    VII

      

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Ve lo ripeto credetemi. Mi tradurrete uno per uno.

     

    E le parole mi saranno babele di varianti. Io finalmente

    Scoppio nei coriandoli. Salto sul primo verso che passa.

     

    Faccio l’autostop. Prestatemi un pollice per il viaggio

    Che ci faccia più uniti. Sono straniero nel mio paese.

     

    Sono con voi in una lingua che ancora non comprendo.

     

    Ne capisco il cuore. Ne sento una sola sillaba senza

    Il senso della frase. Improvvisa si leva la vertigine.

     

    Angèle mi guida in terre delle femmine. Corse-are.

     

     

     

     

    VIII

     

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Anche il mio verso sotto il peso delle traduzioni

    Ha finito per cedere. Ha creato spazio. Fessura.

     

    E’ crepata la parete da scalare. Ormai il verso è solo.

     

    Si affigge oppure si tace. E finalmente come ora

    Da crisalide si spiegano le ali di bianca sorgente.

     

    Spaziarsi rompere il macigno finalmente dopo anni.

    La cornice è diventata un libro. Dove il tempo

    Degli amici è diventato progetto. Si muovono case.

     

    Il terremoto cerca parole tra macerie. Qui si sale.

     

     

     

     

    IX 

     

    Non c’è più tempo amici per le cose.

     

    Ogni mattino discendono Iano con la macchina.

     

    Suonano alle curve. Per essere presenti all’atelier.

     

    Quando scendono il clacson rimbomba. La curva

    Si fa irreparabile. Ma sono salvi. In disparte

    Olivier discute contrario sopra una parola rara.

     

    Nel frattempo si accumula la polvere su noi statue.

     

    Elena paziente nell’amore delle valli. Dalla Sorgue

    Sul parallelo 44 fino a Pistoia tira un filo inteso.

     

    Tende l’arco. Variante decisiva. Pietra dell’origine.

     

     

     

     

     Paolo Fabrizio Iacuzzi

     

     

     

     

    Osp_Ceppo.jpg

              © Ph. Dominique Sorrente

     

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