UA-156555446-1

Ok

En poursuivant votre navigation sur ce site, vous acceptez l'utilisation de cookies. Ces derniers assurent le bon fonctionnement de nos services. En savoir plus.

23 juin 2012

Nous regardions du haut des rochers rouges la mer

 

Des doigts solaires tendent une main
à ton dernier instant surhumain :
c'étaient les doigts qui tremblaient parmi les
herbes agitées et les riches ombelles
d'un haut plateau ; les uns renvoyaient
en arrière la mer sur une rive ; les autres
corrigeaient tout à coup une dérive.


Tout dans un humain qui ne semble pas
tel, perdu après le talisman
perdu par ton regard sur les rochers
rouges : il faisait froid ; la vague hurlait, écueil
écumeux dans les criques qui poussaient
toujours plus loin notre voyage :
Anthéor était déjà un ante hoc...

 

Maintenant il est ici, dans la violence féroce
de la mort qui peut-être se défend,
je pense, du tremblement liquide de la vie
dans son seau agité.
Tu le portais, tu le portes, près du feu :
il est transparence, jeu du destin
qui a perdu la partie : un seau flamboyant

 

près de ce limpide ou déjà rauque ?
écoulement de ce qui ne s'imagine pas parce que
il n'a pas d'image. L'ennemi a disparu,
même l'horizon qui fut ami
de nos cris : ici dans l'air épais
quelque chose s'attarde dans le foisonnement
solitaire de l'amour avec lui-même.

 

Piero Bigongiari, extrait de Ni terre ni mer, Orphée La Différence, 1994 
(édition bilingue, traduit de l'italien par Antoine Fongaro) 

 

roches rouges.JPG

 

GUARDAVAMO DALL'ALTO DE LES ROCHERS ROUGES IL MARE


Dita solari porgono una mano
al tuo ultimo istante sovrumano :
erano quelle che tramavano tra le
erbe agitate e le felice umbelle
d'un altipiano ;  quelle rimandavano
indietro il mare su una riva ; queste
correggevano a un tratto una deriva.

Tutto dentro un umano che non sembra
tale perduto dietro il talismano
perduto dal tuo sguardo sulle rocce
rosse : era freddo ; l'onda urlava, scheggio
schiumoso nelle cale che portavano
sempre più lontano il nostro viaggio :
Anteor era già un ante hoc...


Ora è qui, nell'impeto feroce
della morte che forse si difende,
penso, dal liquido tremare, dentro
il suo secchio agitato, della vita.
Lo portavi, loporti, presso il fuoco :
è trasparenza, giuco del destino
che ha persoil giuoco : un secchio fiammeggiante


accanto a questo limpido, o già roco ?
fluire di ciò che non s'immagina perchè
non ha immagine. Scomparso il nemico,
persino l'orizzonte che fu amico
dei nostri gridi : qui nell'aria spessa
qualcosa si trattiene nella ressa
solitaria che amore ha con se stesso.

12 febbraio  1984

Piero BIGONGIARI, tratto da la raccolta COL DITO IN TERRA 

 


 

11 octobre 2011

Les siècles de l'hiver

 

Montagne aride.jpg

source

 

 

 

Le gris, l'agacé, le brun, le farouche

tu craques dans la beauté fantôme du froid

dans les marées de bouleaux, les confréries

d'épinettes, de sapins et autres compères

parmi les rocs occultes et parmi l'hostilité

                       

pays chauve d'ancêtres, pays

tu déferles sur des milles de patience à bout

en une campagne affolée de désolement

en des villes où ta maigreur calcine ton visage

nous nos amours vidées de leurs meubles

nous comme empesés d'humiliation et de mort

 

et tu ne peux rien dans l'abondance captive

et tu frissonnes à petit feu dans notre dos.

 


Gaston Miron



extrait de La vie agonique, L'homme rapaillé,

 [NRF, Poésie/Gallimard, 2007]

 

 

 

_____________________________________________________

 

Voir aussi Gaston MIRON sur PIERRE DE LUNE 

 

16 juin 2009

Le mura dei poeti II - Stanze per un incontro

médaillon jumelage2.jpg

 

 

 

encreAmici_PFI.jpg

 

 

 

Non c’è più tempo amici per le cose

 

 

Per andré, angèle, dominique, elena, yves, olivier, valerie

                                                                         dopo il terremoto

 

 

 

I

 

 

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

Fino a quando abbiamo il tempo d’incontrarci

Il tempo è dalla nostra parte per una sera.

 

Ma quando siete venuti qui da lontano ancora

Il lontano ha smesso di essere minaccia vera.

 

Si è fatto calca attorno al tavolo quadrato.

 

Dove le parole scorrono in contraddizione.

 

Alla fine ciascuno di noi sceglie la versione

Che più somiglia al destino che non ha scelto.

 

L’ha avuta in sorte dal padre e dalla madre.

 

 

 

 

II

 

 Non c’è più tempo amici per le cose.

 

Venite da lontano da una terra dove i papi

Sono migranti. Ed i poeti sono uccisi perché

Confessano parole che sono soltanto sussurri.

 

Negli orizzonti limitati da valli di fieno e di lavanda.

 

Simulando gli universi. Invece sono le cornici

Di monti più bassi delle Alpi piene di neve.

 

Siete venuti qui. E per essere arrivati disegnate

Sula carta geografica l’omega immenso della fine.

 

Solo della mia. Sono l’amico della fossa comune.

 

 

 

 

III

  

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

L’ho capito da un colpo di tosse più profondo.

 

Da un cedimento del costato per un colpo di tosse

più aggressivo. Vi sedete per l’ultima traduzione.

 

Siete gli apostoli attorno al corpo dell’Amato.

 

Scegliete le parole per capirci o per non capirci.

 

Ma il vento entra dalla Cattedrale senza porte

Né finestre. Pile di vocabolari. Scatole di biscotti.

 

Hanno parole dolci ma impervie. Sinonimi di verbi.

 

Antonimi di fiori. Siamo fuoco e cenere del senso.

 

 

 

 

IV

  

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

Finché il saggio ha capelli bianchi bastone d’argento

Emette la sentenza. Gli altri sono ammutoliti al fuoco

Di parole comuni e annuiscono subito in silenzio.

 

Siamo tutti così vicini alla stella da bruciarci le dita.

 

Si arrampicano i versi in salita alle svolte delle strade.

 

Nelle discese dal fondo gelato le parole si scostano

Dal significato. Al dolce ritmo si piegano le mani.

 

In applauso ridi forte Dominique e il gesso di bambino

Cade da lavagna mentre scrivi la prima parola neve.

 

 

 

 

V 

 

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

L’ho detto e ripetuto a Valérie. Meritava di leggere.

 

Ha l’asfalto dentro. La parola macchina la parola strada.

 

Guida fino qui. Porta parole da una lingua all’altra.

 

Sembra che per un attimo sia la fidanzata di tutti noi.

 

Speranza di volare. Di sposare due lingue. Farle

Scivolare una sull’altra. Il vento scivola sotto la soglia.

 

Mescola di Piero i libri le dediche i foglietti acronici.

 

A salvare le parole. A consegnarcele immeritate.

 

Mentre Ungaretti ci guarda nella rete a lato opposto.

 

 

 

 

VI 

 

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

André decano delle ampolle a un certo punto quando

Il senso di un poema sembra tutto chiaro. Esplode.

 

Spariglia le carte all’improvviso. Tutto cambia gioco.

 

Si smarrisce e solo una risata stabilisce il passo. Più

La stessa strada. Il verso in italiano appare sfigurato.

 

Lambisce l’impossibile. Ci dà illusione di possederlo.

 

Spicca il salto difficile a sostenere. Si batte un record

Ogni volta. L’apnea ci secca la gola. Magico André

Illuminato dalla via. Le parole ti siano casa leggera.

 

 

 

 

VII

  

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

Ve lo ripeto credetemi. Mi tradurrete uno per uno.

 

E le parole mi saranno babele di varianti. Io finalmente

Scoppio nei coriandoli. Salto sul primo verso che passa.

 

Faccio l’autostop. Prestatemi un pollice per il viaggio

Che ci faccia più uniti. Sono straniero nel mio paese.

 

Sono con voi in una lingua che ancora non comprendo.

 

Ne capisco il cuore. Ne sento una sola sillaba senza

Il senso della frase. Improvvisa si leva la vertigine.

 

Angèle mi guida in terre delle femmine. Corse-are.

 

 

 

 

VIII

 

 

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

Anche il mio verso sotto il peso delle traduzioni

Ha finito per cedere. Ha creato spazio. Fessura.

 

E’ crepata la parete da scalare. Ormai il verso è solo.

 

Si affigge oppure si tace. E finalmente come ora

Da crisalide si spiegano le ali di bianca sorgente.

 

Spaziarsi rompere il macigno finalmente dopo anni.

La cornice è diventata un libro. Dove il tempo

Degli amici è diventato progetto. Si muovono case.

 

Il terremoto cerca parole tra macerie. Qui si sale.

 

 

 

 

IX 

 

Non c’è più tempo amici per le cose.

 

Ogni mattino discendono Iano con la macchina.

 

Suonano alle curve. Per essere presenti all’atelier.

 

Quando scendono il clacson rimbomba. La curva

Si fa irreparabile. Ma sono salvi. In disparte

Olivier discute contrario sopra una parola rara.

 

Nel frattempo si accumula la polvere su noi statue.

 

Elena paziente nell’amore delle valli. Dalla Sorgue

Sul parallelo 44 fino a Pistoia tira un filo inteso.

 

Tende l’arco. Variante decisiva. Pietra dell’origine.

 

 

 

 

 Paolo Fabrizio Iacuzzi

 

 

 

 

Osp_Ceppo.jpg

          © Ph. Dominique Sorrente

 

___________________________________________________________________